Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, ha pronunciato la presente ordinanza, sul ricorso numero di registro generale 967 del 2017, proposto da: Maria Galle', rappresentata e difesa dagli avvocati Giovanni Immordino e Giuseppe Immordino, con domicilio eletto presso il loro studio in Palermo, viale Liberta', 171; Contro Marta D'Alia, rappresentata e difesa dall'avvocato Giovanni Scala, con domicilio eletto presso il suo studio in Palermo, via Principe di Paterno', 67; Nei confronti Comune di Palermo, in persona del Sindaco p.t., non costituito in giudizio; Per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale Sicilia - Palermo: sezione I n. 2550/2017, resa tra le parti, concernente l'annullamento del verbale dell'Ufficio centrale elettorale per l'elezione del Presidente e dei Consiglieri dell'VIII circoscrizione (Politeama - Liberta' - Montepellegrino - Malaspina - Palagonia) del Comune di Palermo dell'11 giugno/5 luglio 2017, nonche' dell'atto di proclamazione degli eletti al Consiglio circoscrizionale nella parte in cui non contempla tra gli eletti la ricorrente in prime cure; e per la conseguente correzione dei risultati elettorali e del verbale dell'Ufficio centrale e per la proclamazione dell'odierna appellata alla carica di consigliere circoscrizionale dell'VIII Circoscrizione del Comune di Palermo in sostituzione della proclamata eletta Maria Galle'. Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio di Marta D'Alia; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 maggio 2018 il Cons. Hadrian Simonetti, uditi per le parti gli avvocati Giovanni Immordino, Giuseppe Immordino e Giovanni Scala; 1. La signora Marta D'Alia si e' candidata alle elezioni dell'11 giugno 2017 a consigliere dell'VIII circoscrizione del Comune di Palermo, con la lista «Palermo 2022», collegata al candidato presidente Marco Frasca Polara, risultato vincitore. Avendo riportato 467 voti di preferenza e una cifra individuale di 4.110, non e' stata eletta, essendo stato assegnato l'unico seggio spettante alla lista «Palermo 2022» al candidato Francesco Schembri che ha riportato 675 voti di preferenza e una cifra individuale di 4.218. 2. Con ricorso al Tribunale amministrativo regionale ha chiesto l'annullamento, e la correzione dei risultati con conseguente propria proclamazione tra gli eletti, del verbale dell'Ufficio centrale elettorale del Comune di Palermo del 5 luglio 2017 e degli atti connessi, con cui sono stati proclamati eletti il Presidente e i Consiglieri dell'VIII circoscrizione, deducendo che l'Ufficio centrale sarebbe incorso in un grave errore nelle operazioni di riparto dei seggi, laddove ha individuato in otto anziche' in nove il numero di consiglieri da eleggere. Sulla base di questa premessa ha articolato due motivi di illegittimita' con cui lamenta la violazione degli articoli 4 e 4-ter della legge regionale n. 35/1997, 3 della legge regionale n. 17/2016 e 5 della legge regionale n. 11/2015, nonche' l'eccesso di potere sotto vari profili. Sostiene, nell'insieme, che l'Ufficio elettorale sarebbe incorso nell'errore di non detrarre il seggio assegnato al candidato presidente non eletto avente numero d'ordine n. 1 (Giuliano Forzinetti) dai seggi assegnati al gruppo di liste allo stesso collegate, e che tale scelta avrebbe provocato un'applicazione distorta ed illogica della disciplina regionale, a meno di non predicarne l'incostituzionalita' per contrasto con gli articoli 1, comma 1, 2, 3 e 48, comma 2. 3. Il Tribunale amministrativo regionale ha accolto il ricorso sul presupposto che, per effetto dell'art. 3, comma 3, della legge regionale n. 17/2016, sia applicabile all'elezione per i consigli circoscrizionali l'intero art. 4 della legge regionale n. 35/1997 dettato per l'elezione del Consiglio comunale, compresa la previsione di cui al comma 3-ter (inserita nel 2016) ove si prevede che, sempre nelle elezioni comunali, il seggio attribuito al candidato sindaco non eletto piu' votato debba essere detratto da quelli assegnati alle liste allo stesso collegate. Il Giudice di primo grado ha motivato tale soluzione esegetica anche sulla base di una interpretazione finalistica della normativa elettorale, ritenuta piu' rispettosa dei principi di rappresentativita' delle istituzioni e di uguaglianza del voto. 4. Avverso la sentenza l'originaria eletta, Maria Galle', ha proposto il presente appello, lamentandone l'erroneita' per eccesso di potere giurisdizionale e per violazione dell'art. 12 delle preleggi al c.c., essendo, a sua avviso, il Tribunale amministrativo regionale pervenuto a tale decisione nonostante che l'interpretazione formale-letterale della normativa applicabile escludesse un simile esito. La difesa appellante, attraverso un unico articolato motivo di appello, sostiene infatti che alle elezioni per il consiglio circoscrizionale non si applicherebbe il comma 3-ter dell'art. 4 della legge regionale n. 35/1997 ed il meccanismo da esso previsto. Ne' l'applicabilita' di siffatta previsione potrebbe ricavarsi in via interpretativa, data la distinzione, di ratio e di funzioni, tra le circoscrizioni e il comune, retti da sistemi elettorali diversi, imperniati, nel primo caso sul principio della partecipazione, nel secondo su quello della governabilita'. 5. Si e' costituita l'originaria ricorrente, replicando con articolata memoria difensiva e, all'udienza pubblica del 25 maggio 2018, la causa e' passata in decisione. 6. Il Collegio reputa utile chiarire come, per effetto del modo di procedere dell'Ufficio elettorale qui in contestazione, nell'VIII circoscrizione del Comune di Palermo (Politeama - Liberta' - Montepellegrino - Malaspina - Palagonia), le liste di maggioranza e quelle delle (diverse) opposizioni hanno avuto riconosciuti rispettivamente cinque seggi, a fronte di una cifra elettorale pari in un caso a 18.489 e nell'altro a 17.996, con una differenza quindi all'incirca di 500 voti. Tale risultato di parita' si raggiunge ove si conteggi tra i cinque seggi spettanti alle liste di maggioranza anche il Presidente eletto, che fa parte, in quanto lo presiede, del consiglio circoscrizionale. A fronte di questo dato iniziale, la tesi dell'originaria ricorrente in primo grado, che si e' candidata in una lista collegata al Presidente eletto, e' che l'applicazione del sistema di determinazione dei seggi previsto per le elezioni comunali - in particolare della regola di cui all'art. 4, comma ter, della legge regionale n. 35/1997 - avrebbe dovuto comportare, invece, l'attribuzione di cinque seggi alle liste di maggioranza, in aggiunta al seggio spettante al Presidente eletto Marco Frasca Polara; e di soli tre seggi alle restanti liste di minoranza, in aggiunta al seggio spettante al Presidente non eletto maggiormente votato Giuliano Forzinetti. Si sarebbe dovuti arrivare a tale risultato, appunto detraendo il seggio assegnato al Forzinetti da quelli assegnati alle liste a lui collegate, facendo applicazione della regola dettata per l'elezione del Consiglio comunale dall'art. 4, commi 3-ter e 7, della legge regionale n. 35/1997. In tal modo, le liste collegate al Presidente eletto avrebbero avuto un seggio in piu' a scapito delle altre liste, e di questo seggio in piu' beneficerebbe la ricorrente in primo grado Marta D'Alia. Senonche' proprio l'applicabilita' dell'art. 4, comma 3-ter, e' il tema controverso. Tale disposizione si trova inserita all'interno dell'art. 4 della piu' volte citata legge regionale n. 35/1997, la cui rubrica (si intende, dell'art. 4) recita «Elezione del Consiglio comunale nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti». A tale articolo fa espresso richiamo il successivo art. 4-ter, la cui rubrica recita «Elezione del consiglio circoscrizionale», e dove e' precisato, al comma 1, che «Per l'elezione del consiglio circoscrizionale trovano applicazione i commi 1, 2, 4, 5, e 7 dell'art. 4», senza pero' fare menzione alcuna anche del comma 3-ter dell'art. 4. Quest'ultimo comma e' frutto di un'aggiunta molto recente, da parte della legge regionale n. 17/2016, recante «Disposizioni in materia di elezione del sindaco e del consiglio comunale e di cessazione degli organi comunali. Modifica di norme in materia di organo di revisione economico-finanziaria degli enti locali e di status degli amministratori locali». L'art. 3 della legge 17 del 2016, la cui rubrica recita «Modifiche di norme in materia di composizione del Consiglio comunale», ha appunto modificato gli articoli 2 e 4 della legge 35 del 1997, nel secondo caso aggiungendo il comma 3-ter e modificando il comma 7, nella direzione gia' ricordata. 7. Fin qui, si dovrebbe osservare con relativa sicurezza, le modifiche parrebbero avere interessato, anche sulla base di un criterio testuale, le sole elezioni comunali, tanto piu' che il ricordato e specifico art. 4-ter della legge n. 35 del 1997 non ha, invece, subito modifiche o aggiunte di sorta. E, tuttavia, il quadro e' complicato, e per quanto si vedra' piu' avanti reso non piu' chiaramente intellegibile, dal fatto che, alla fine dell'art. 3 della legge regionale n. 17/2016, dopo le gia' ricordate modifiche (e integrazioni) agli articoli 2 e 4 della legge n. 35/1997, il terzo ed ultimo comma ha previsto, con una formula apparentemente di chiusura, che «Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche per l'elezione dei consigli circoscrizionali». Una tale formulazione pecca peraltro sicuramente per eccesso ovvero dimostra un'eccedenza rispetto allo scopo, se e' vero che sicuramente all'elezione dei consigli circoscrizionali non trova invece applicazione l'art. 2 della legge n. 35/1997, cui fa riferimento espresso il comma 1 dell'art. 3 della legge n. 17/2016, che disciplina le modalita' di elezione del Sindaco e del consiglio comunale nei comuni con popolazione sino a 15.000 abitanti. Di conseguenza, quanto meno sotto tale aspetto, non e' vero che (tutte) le disposizioni di cui all'art. 3 della legge n. 17/2016 si applicano per l'elezione dei consigli circoscrizionali, il che rivela gia' una prima imprecisione del legislatore. Dopodiche', per quanto attiene all'art. 4 della legge n. 35/1997, le modifiche apportatevi da ultimo dal comma 2 dell'art. 3 della legge n. 17/2016 investono specificamente le modalita' di determinazione dei seggi da attribuire alle liste, ridisegnando il premio di maggioranza, alla lista o al gruppo di liste collegate al candidato proclamato eletto, e introducendo per la prima volta il meccanismo di detrazione di cui si e' gia' discorso, ispirato anch'esso ad una logica di correzione, ovvero di razionalizzazione, del risultato elettorale in chiave maggioritaria. Si tratta, con ogni evidenza, di disposizioni elettorali che presentano immediati e qualificanti riflessi sulla forma di Governo (a livello di ente) locale, perseguendo una logica maggioritaria che si ritrova anche, seppure con modalita' non coincidenti, nella legislazione statale sull'elezione dei consigli comunali (v. art. 73, commi 10 e 11, della legge n. 267/2000 e, anche per un cenno al meccanismo di' cd. prededuzione, Consiglio di Stato, III, sentenza n. 1055 del 2018). Sicche' non puo' dirsi casuale il fatto che l'art. 4-ter della legge n. 35/1997, nel disciplinare l'elezione del consiglio circoscrizionale, facesse in origine e faccia ancora testualmente rinvio solamente ad alcune (ma non a tutte le) disposizioni dell'art. 4 della medesima legge, non menzionando in particolare il comma 6 sul premio di maggioranza, come anche il comma 3-ter sul meccanismo di detrazione qui in discussione. Con la precisazione ulteriore che, se la mancata menzione del comma 3-ter potrebbe trovare, come sostiene la difesa della D'Alia, la sua possibile giustificazione nel mancato coordinamento, ovvero aggiornamento, dell'art. 4-ter (aggiunto nel 2011) con la novella del 2016; non altrettanto puo' dirsi per il comma 6 e per il premio di maggioranza in esso disciplinato, che era gia' in vigore nel 2011, per quanto con modalita' differenti da quelle da ultimo vigenti, e che, dunque, consapevolmente il legislatore regionale a tale data (nel 2011) decise di non (voler) applicare all'elezione del consiglio circoscrizionale. 8. Di questa scelta del legislatore regionale del 2011, che al Collegio appare esser stata allora consapevole e chiaramente decifrabile, si possono offrire spiegazioni legate alla differente natura del Consiglio comunale e di quello circoscrizionale. Il primo funzionale con le proprie deliberazioni al pieno dispiegarsi di una funzione di Governo locale che, come noto, nel nuovo titolo V della Costituzione ha assunto una rilevanza crescente, secondo la consueta dialettica tra maggioranza e minoranza/e; il secondo da sempre, quanto meno a far data dalla 1. 278 del 1976, concepito come un organo assembleare con funzioni per lo piu' consultive, cui non di rado si affiancano compiti delegati anche di amministrazione attiva, al crocevia tra la partecipazione e il decentramento. All'insegna, dunque, di una differenza di fondo tra organi che l'art. 4-ter era sembrato - e ancora sembrerebbe, ad una lettura distesa del testo - registrare e confermare, attraverso un rinvio alle sole disposizioni dettate per l'elezione del Consiglio comunale, giudicate compatibili con l'elezione del consiglio circoscrizionale. Di questo criterio di misurata e ponderata compatibilita', che rifletteva le vedute differenze sostanziali, non vi e' piu' traccia, quanto meno sul piano formale, nell'intervento del 2016, essendo il comma 3 dell'art. 3 della legge regionale n. 17/2016 all'apparenza ispirato ad un criterio di segno opposto, di integrale e sbrigativo rinvio. 9. Se questa fosse la conclusione desumibile dal quadro normativo, se ne dovrebbe ricavare (piu' di) un dubbio sulla ragionevolezza dell'art. 3, comma 3, della legge regionale n. 17/2016, come anche della sua coerenza con il principio di rappresentativita', nella misura in cui finisce per equiparare, sottoponendoli ad eguale disciplina, senza che se ne colga distintamente la ragione, istituti e realta' disomogenei, quali sono il Consiglio comunale e quello circoscrizionale. Ma, prima ancora, dell'art. 3, comma 3, della legge regionale n. 17/2016, sfugge al Collegio la razionalita' intrinseca ovvero, in altri termini, la sua stessa intellegibilita' e coerenza. Nel senso che l'imprecisione cui gia' si e' fatto cenno, e che e' all'origine di qualunque sindacato di ragionevolezza, qui si presenta in forma particolarmente acuta, sia per la non comune vaghezza di una disposizione che, facendo irruzione in un testo normativo che si occupa di composizione del consiglio comunale, richiama frettolosamente non meglio identificate altre disposizioni, talune delle quali di sicuro non pertinenti; sia perche' tutto questo avviene in un ambito, quello elettorale, dove piu' forte e' il sentimento di certezza e di coerenza che dovrebbe guidare l'interprete e rassicurare insieme eletti ed elettori. Laddove, invece, la disposizione in parola evoca l'immagine di quel «gregge privo di pastore» raffigurata nella sentenza della Corte costituzionale n. 204 del 1982 (al punto 11.1.). 10. E, difatti, per come sono scritte le norme (l'art. 3, comma 3, della legge regionale n. 17/2016 e l'art. 4-ter della legge regionale n. 35/1997), deve constatarsi la possibilita' obiettiva di piu' interpretazioni diverse e tutte ugualmente plausibili, in un certo senso equivalenti l'una all'altra, a seconda che si privilegi ora la governabilita' ora la rappresentativita', quale conseguenza di un'intima contraddizione, al cospetto delle quali si puo' dubitare persino che il giudice sia ancora chiamato a risolvere un problema interpretativo e non a sciogliere, rivelandone la soluzione, un problema di politica legislativa; nell'esercizio di una funzione non piu' di solo intelletto ma di volonta'. Si potrebbe obiettare, in termini piu' rassicuranti, che la ricostruzione del contenuto della legge sia pur sempre possibile attraverso l'integrazione, della singola o delle singole norme nel sistema, assumendone la coerenza d'insieme, e che il giudice sarebbe chiamato a esplicitare valutazioni gia' implicite. 10. Ed e' questa la via percorsa dal Giudice di primo grado, con la sentenza impugnata, lungo i consueti binari dell'interpretazione costituzionalmente orientata, in questo caso (in funzione) dei principi di rappresentativita' delle istituzioni e di uguaglianza del voto di cui agli articoli 1 e 48 della Costituzione, muovendo dal presupposto - esso stesso, tuttavia, revocabile in dubbio - che debba essere assicurato, anche a livello di consiglio circoscrizionale, un meccanismo in grado di garantire al presidente eletto la maggioranza in consiglio e quindi la «governabilita'». Anche senza interrogarsi funditus sulla latitudine, da piu' parti ritenuta eccessiva, che e' in generale andata assumendo la tecnica della interpretazione cd. costituzionalmente orientata o adeguatrice, e che pure trova nella giurisprudenza della Corte costituzionale un indubbio riscontro, in termini di dovere piuttosto che di facolta' del giudice (v., per tutte, l'ordinanza n. 63 del 1989); di questa tecnica reputa il Collegio che si debba fare un uso sorvegliato in materia (di legge) elettorale, ribadendo che grava sul legislatore un dovere primario di clari loqui. L'art. 3, comma 3, della legge regionale n. 17/2016 viola questo dovere e pecca per mancanza di proporzione rispetto all'obiettivo che si puo' supporre possa avere avuto di mira il legislatore. Assumendo pure che il legislatore siciliano, nell'esercizio della sua potesta' primaria (ma non illimitata, come dimostra Corte costituzionale, 107 del 1976) in materia di enti locali (art. 14, lettera o, dello statuto), volesse avvicinare l'elezione del consiglio circoscrizionale a quella del consiglio comunale, avrebbe dovuto seguire un criterio intellegibile di coerenza e di compatibilita'. Qualora poi avesse voluto (e potuto) rendere i due consigli del tutto omogenei nelle loro modalita' di funzionamento, innovando non di poco rispetto alla storia e rispetto alla disciplina del 2011, avrebbe dovuto farlo in modo inequivoco, meglio ancora se attraverso la modifica ovvero l'aggiornamento dell'art. 4-ter della legge regionale n. 35/1997. In assenza di questi elementi, non solo la disposizione di rinvio dell'art. 3, comma 3, si dimostra manifestamente inadeguata e arbitraria, ma pone seri dubbi sulla sua conformita' anche ad un diverso parametro di costituzionalita', offerto dall'art. 101, comma 2, della Costituzione. Se infatti il giudice deve essere soggetto soltanto alla legge, quantunque nella piu' ampia lettura che di questo lemma e' venuta offrendo nel tempo la dottrina costituzionalistica, e' necessario che la legge sia decifrabile attraverso una funzione (tendenzialmente, soltanto) conoscitiva nel cui esercizio si riaffermi al fondo il legame tra la funzione giurisdizionale e la sovranita' popolare. Tanto piu' al cospetto di una legge elettorale, come nel caso di specie, dove e' necessario che quel legame sia piu' profondo e che il margine di interpretazione sia definito con maggiore certezza. Il che vale a privilegiare - ad avviso di questo Collegio, quanto meno nel presente ambito - il promovimento della questione di legittimita' costituzionale della disposizione che non sia razionalmente intellegibile, piuttosto che la ricerca di una interpretazione costituzionalmente orientata, oltre tutto in una direzione non definita e non scevra da valutazioni opinabili che debbono essere lasciate alla volonta' politica. Una simile questione, preordinata ad una pronuncia che in ragione del principio di ragionevolezza e di soggezione del giudice alla legge, espunga dall'ordinamento un disposto normativo - l'art. 3, comma 3, della legge regionale n. 17/2016 - indecifrabile e comunque irrazionale, sia sul piano della razionalita' formale che nel senso della razionalita' pratica (Corte costituzionale, sentenza n. 113 del 2015 e 172 del 1996), oltre ad essere non manifestamente infondata per tutte le ragioni sin qui evidenziate, non potendosi in questo caso percorrere la via di un'interpretazione adeguatrice, e' anche rilevante ai fini della decisione. Ove infatti non si dovesse fare applicazione dell'art. 3, comma 3, della legge regionale n. 17/2016, la presente causa andrebbe risolta alla luce del chiaro disposto dell'art. 4-ter della legge regionale n. 35/1997, che non prevede ne' richiama alcun meccanismo di detrazione o prededuzione dei seggi e la cui applicazione condurrebbe alla conferma del risultato elettorale originario favorevole all'odierna appellante Maria Galle'. 11. Alla luce delle considerazioni che precedono, il giudizio va quindi sospeso in attesa della definizione del giudizio incidentale di legittimita' costituzionale, disponendosi la rimessione della questione alla Corte costituzionale. Ogni altra statuizione in rito e nel merito e' riservata all'esito del procedimento davanti alla Corte costituzionale.